Italia sotto ordinanza: sindaci sceriffo e libertà agli arresti domiciliari
Dai divieti di fumo all’aperto alle strette sugli affitti brevi: il potere locale scopre l’ebbrezza del comando
L’Italia del 2025 sembra un laboratorio di proibizionismo diffuso. In ogni angolo del Paese proliferano ordinanze che, invece di garantire ordine e servizi, sostituiscono la libertà con la multa, la fiducia con la sorveglianza. Non è più un’eccezione legata a emergenze contingenti, ma un sistema che si ripete, Comune dopo Comune, confermando una deriva che ha radici lontane. Già la legge Minniti-Orlando del 2017 aveva introdotto il cosiddetto “daspo urbano”, consegnando ai sindaci strumenti di controllo straordinari: oggi quelle misure sono diventate ordinarie, quasi un riflesso automatico di fronte a qualsiasi problema sociale.
Gli esempi recenti sono numerosi. A Praia a Mare, in provincia di Cosenza, un’ordinanza ha imposto il coprifuoco ai minori di 14 anni, vietando loro di uscire non accompagnati tra mezzanotte e le sette del mattino. Non è un episodio isolato: a Trieste, infatti, si è intervenuti con la chiusura anticipata dei locali e il divieto di consumare alcolici in vetro o lattina dopo le 22. A Roma, poi, il sindaco Gualtieri ha prorogato fino al 2026 la stretta sulla malamovida, che penalizza migliaia di esercizi commerciali colpevoli solo di esistere. A Cesano Boscone, a sua volta, i minimarket devono chiudere alle 21 e non possono vendere alcolici refrigerati, come se la sicurezza urbana dipendesse dalla temperatura di una bottiglia. Si potrebbe continuare ancora, l’elenco è ancora lungo.
La stessa logica si ritrova sul fronte della casa e del turismo. Firenze, Bologna e Napoli hanno introdotto regolamenti punitivi contro gli affitti brevi, imponendo vincoli di metri quadrati, registri,........
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