L’autoreferenzialità dei social ai tempi della guerra ibrida
In un’epoca in cui l’informazione sembra onnipresente e i social network sono ogni giorno più gremiti d’informazioni e controinformazioni su ogni argomento, si assiste sempre più spesso a una loro progressiva trasformazione in dispositivi autoreferenziali. E non si tratta solo dell’impressione di un loro utente, ma del risultato d’indagini condotte con metodo rigorosamente scientifico e che trova riscontro in numerosi studi accademici. I social network, infatti, e in misura crescente anche i media tradizionali, tendono a rafforzare opinioni già esistenti piuttosto che a metterle in discussione, col risultato di produrre un tipo d’informazione e di comunicazione che sono più utili a convincere chi è già d’accordo che a dialogare con chi dissente o a convincere chi d’accordo non è.
Una delle ricerche più significative è quella condotta da Bakshy, Messing e Adamic, pubblicata su Science nel 2015, che analizza il comportamento di oltre 10 milioni di utenti Facebook. Lo studio mostra che gli utenti tendono a esporre se stessi principalmente a contenuti compatibili con le proprie idee politiche, e che gli algoritmi della piattaforma contribuiscono a ridurre ulteriormente l’esposizione a contenuti contrari. In particolare, solo il 23 per cento dei link provenienti da fonti politiche opposte raggiunge effettivamente l’utente nel suo feed.
Un altro studio importante, condotto da Vosoughi, Roy e Aral e pubblicato su Science nel 2018, analizza la diffusione di notizie vere e false su Twitter. I ricercatori scoprono che le notizie false si diffondono significativamente più in fretta e più lontano di quelle vere, con una probabilità del 70 per cento in più di essere retwittate. Il fenomeno è attribuito non solo alla natura sensazionalistica delle notizie false, ma anche al loro allineamento con i pregiudizi cognitivi e morali del pubblico di riferimento.
Anche i dati raccolti da BuzzSumo nel 2022 confermano che la ripetizione premia. Analizzando milioni di post su Facebook e Instagram, si osserva che i contenuti che ripropongono lo stesso tema già trattato in precedenza o che ricalcano modelli di comunicazione emotivamente efficaci ottengono in media il 75 per cento di interazioni in più rispetto a contenuti originali o complessi. Non solo: molti post ripetuti a distanza di giorni, pur identici, ottengono risultati comparabili o superiori rispetto alla prima pubblicazione, grazie al rinforzo algoritmico e alla convalida sociale data dai like e dalle condivisioni.
In questo scenario, la funzione dell’informazione muta. Non si tratta più di fornire strumenti critici........
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