La voglia antica dei leghisti per il capobranco mina la democrazia
In un Paese dove la politica somiglia sempre più a un talk show, i sondaggi, come oracoli svogliati, ci regalano scorci inquietanti del nostro subconscio elettorale. L’ultima rivelazione arriva da Demos: tra gli elettori dei maggiori partiti italiani, sono i leghisti quelli che più di tutti tifano per Donald Trump (52 per cento), per Vladimir Putin (40 per cento) e per Benjamin Netanyahu (36 per cento).
Ora, non serve Freud per capire che l’innamoramento per l’uomo forte ha radici antiche. L’elettore leghista, abituato a un mondo semplice fatto di padroni e sudditi, di confini invalicabili e leggi granitiche, ritrova in questi leader il mito virile del capobranco. Uno che non chiede il permesso, che mena le mani (o le bombe), che parla alla pancia. Il prototipo perfetto per chi vede nel compromesso un tradimento e nella diplomazia una debolezza.
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