«Cerea scaltro e mosso dall’avidità. Truffa prescritta, ma fu commessa»
LA SENTENZA. Le motivazioni della condanna al manager accusato di aver raggirato la cognata dell’ex sindaco Gori per 100 milioni.
Accedi per ascoltare gratuitamente questo articolo
È «essenzialmente l’avidità» ad aver mosso Gianfranco Cerea, «soggetto non certo bisognoso, ma anzi benestante, che, pur di arricchirsi a dismisura, non si è accontentato di aver conseguito un ingente profitto dalla truffa commessa in danno della Caleffi , ma ha ben pensato di lucrarvi reinvestendolo in strumenti che ne rendessero difficoltosa l’individuazione». Lo scrive il giudice Alice Ruggeri nelle 139 pagine di motivazioni alla sentenza con cui il 28 maggio ha condannato in primo grado a 6 anni e 10 mesi il manager e collezionista d’arte 63enne di Bergamo. Condanna che va a sommarsi ai tre anni definitivi per le false dichiarazioni nella Voluntary disclosure........
© L'Eco di Bergamo
