L’intervista al cardinale Pietro Parolin: «Tutti possono contribuire alla pace, ma le imposizioni rischiano di calpestare i diritti»
Il Segretario di Stato Vaticano. Le soluzioni alle guerre non devono mai essere imposte unilateralmente, «altrimenti non vi sarà mai pace giusta e duratura». L’intervista esclusiva al direttore de «L’Eco di Bergamo», Alberto Ceresoli.
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Solo dopo averlo incontrato di persona si capisce perché, al di fuori del protocollo, preferisca farsi chiamare semplicemente «don Pietro». Perché il Segretario di Stato Vaticano, Sua Eminenza il Cardinale Pietro Parolin, è la quinta essenza dell’umiltà, di chi è convinto che quello è e che rappresenta, «è» perché Qualcun Altro lo ha voluto per lui, dentro quel «disegno» che Dio ha per ciascuno di noi. Il suo è quello di servitore della Chiesa universale, un prete fortemente ancorato allo spirito diocesano della sua Vicenza (è nato a Schiavon, un piccolo Comune ad una ventina di chilometri dalla città di Fogazzaro e Piovene), ma con la «testa» nel mondo, di cui segue - non senza angosce e preoccupazioni - le difficili sorti, in un momento storico particolarmente tortuoso, con l’umanità che troppo spesso, e con troppa leggerezza, lambisce il baratro di un conflitto nucleare. Sull’insegnamento di San Paolo, «spera contro ogni speranza», sapendo in cuor suo che la Verità e la Giustizia, alla fine, avranno la meglio. Ma aspettare non basta, bisogna che l’uomo si faccia esso stesso promotore di Verità e di Giustizia, attingendo al Vangelo e agli insegnamenti della Chiesa che - cita Papa Giovanni XXIII - «continuerà ad essere per tutti la fontana di acqua fresca del villaggio».
Particolarmente incline all’accoglienza, al dialogo e all’ascolto, «don Pietro» tesse ogni giorno invisibili fili di speranza per far sì che i popoli che animano la Terra - tutti i popoli - possano non solo convivere in pace e godere di pari opportunità di crescita, ma vedersi garantiti i diritti civili più elementari. Pur essendo uno «snodo» fondamentale nelle questioni diplomatiche più scottanti del pianeta, il Cardinale Parolin sta sempre un passo indietro rispetto alle luci della ribalta, preferendo muoversi per favorire incontri e incentivare mediazioni.
Preoccupato della crisi dei valori che ha investito il mondo occidentale, sprona l’Europa ad essere sé stessa per poter continuare «ad avere un posto centrale nelle sfide geopolitiche del nostro tempo», recuperando le radici storiche e culturali dei popoli europei
Preoccupato della crisi dei valori che ha investito il mondo occidentale, sprona l’Europa ad essere sé stessa per poter continuare «ad avere un posto centrale nelle sfide geopolitiche del nostro tempo», recuperando le radici storiche e culturali dei popoli europei. Tutti temi che il Cardinale Segretario di Stato Vaticano (a Bergamo il 22 febbraio per ordinare Vescovo monsignor Maurizio Bravi, Nunzio apostolico in Papua Nuova Guinea e Isole Salomone) tocca nell’intervista che segue, una delle pochissime che concede e per la quale «L’Eco di Bergamo» gli è profondamente grato.
«La tregua provvisoria è certamente una buona notizia sia perché si cominciano a vedere i suoi frutti, la liberazione degli ostaggi israeliani e un maggiore ingresso di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza, sia perché si spera possa essere l’inizio di un “cessate-il-fuoco” permanente, che metta fine alla sofferenza del popolo palestinese a Gaza e nel resto della Palestina. Le vittime sono state tantissime e ora bisogna dare segni di speranza ad entrambi: sia agli israeliani che ai palestinesi».
«I cristiani in Medio Oriente non sono una “minoranza” ma una “componente” essenziale e imprescindibile. Sono parte integrante di quei popoli fin dalle origini del cristianesimo. Chiunque pensi che ci possa essere un solo lembo di quella terra senza i cristiani si sbaglia. Essi, inoltre, hanno sempre contribuito allo sviluppo e al progresso dei loro Paesi. Pertanto la Santa Sede chiede a tutti di coltivare e promuovere questo principio con convinzione, anche rilanciando un concetto di “cittadinanza” ancora più pieno ed effettivo in ogni Nazione».
«La Terra Santa è la patria terrena di Gesù, dove da sempre la comunità cristiana, in particolare i Francescani, custodisce e protegge i Luoghi Santi. Ogni cristiano dovrebbe potervisi recare liberamente e senza restrizioni. Per chi l’ha vissuto, il pellegrinaggio è sempre un’esperienza profondamente spirituale e coinvolgente, una occasione privilegiata per crescere nella fede e nell’amore a Nostro Signore, che ha voluto essere uno di noi per salvarci. Oltre a quelli in Israele e Palestina, vi sono anche i Luoghi nei Paesi vicini, come Egitto, Libano, Siria e Giordania. Qui sono stato ultimamente, al Luogo santo del Battesimo di Gesù, che è meraviglioso, così come al Monte Nebo. Proprio in questi giorni è aperta a Roma (fino al 28 febbraio nel Palazzo della Cancelleria - ndr) una mostra dal titolo: “Giordania: l’alba del cristianesimo”, davvero molto interessante».
«Gli eventi in Siria sono stati rapidi e per molti inattesi. Come ogni cambiamento, c’è bisogno di comprendere verso quale direzione si sta andando. La Siria, al momento, ha bisogno di buoni amici che la accompagnino lungo la strada dell’inclusività e della convivenza armonica tra i vari gruppi che formano la sua popolazione. Auspico che la Comunità internazionale, in particolare i Paesi vicini, aiutino la Siria a rimanere territorialmente integra, senza occupazioni di sorta, politicamente stabile, aiutando il processo costituzionale, e socialmente rinnovata, soccorrendo la popolazione nelle povertà che la guerra ha generato in questi lunghi........
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