Milano finisce all’ombra delle torri di Gratosoglio, dove i bambini sono invisibili e “il mare è un miraggio”
Una delle Torri bianche dove sorgono le case popolari del quartiere del Gratosoglio. Gli edifici sono stati progettati dallo studio BBPR tra il 1962 e il 1965. Sono alti 56 metri e disposti a coppie costeggiano via dei Missaglia Servizio fotografico realizzato da Andrea Fasani
MILANO – “Spero sia un abbaglio tutta questa oscurità”. Una frase sbiadita. Il desiderio affidato al balcone che pare sospeso nel vuoto, pochi metri dopo la “Casetta gialla”. Milano, estrema periferia sud. Capolinea del tram 3. Le otto torri bianche, monolitiche e severe, a delimitare il perimetro, a decidere l’identità del Gratosoglio. Edilizia popolare fine anni Sessanta. Alloggi per oltre diecimila persone. A progettarle, lo stesso studio architettonico che disegnò Torre Velasca, che da qui sembra lontanissima. Ai piedi del palazzone, la piazza, che non ha nemmeno un nome. Passavano spesso tra questo labirinto di casoni i bambini che non esistono. Il più grande tredici anni, la più piccola undici. Hanno investito Cecilia De Astis, pensionata di 71 anni, proprio accanto ai binari, dove ora è pieno di fiori. Invisibili. Niente scuola, niente documenti. Nell’oscurità.
F. passa in sella alla sua bici. Undici anni. Del quartiere sa tutto, possiamo contarci, dice. Per certi versi è invisibile pure lui, tra i bambini ai margini che aspettano un’occasione, un abbaglio, per esistere. Perché “vivere qui non è tanto bello, c’è molta gente che litiga. Mio cugino mi ha detto........
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