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Buchi, trucchi e omissioni nel processo contro Becciu

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03.11.2024

Per me, è innocente. Nonostante i ghirigori giuridichesi, alla fine lo confessano anche i giudici. Ammettono che il cardinale Becciu non ha rubato un centesimo, per poi giungere alla conclusione, con un salto logico ed etimologico da saltimbanchi del diritto, che è colpevole di peculato, una parola che viene da pecunia, cioè denaro. Nessuno, tra i mille giuristi e vaticanisti, ecclesiastici o no, ha mosso obiezioni. Lo ritengo un'indecenza. Mi spiego.

Nei giorni scorsi sono state pubblicate le motivazioni della sentenza di condanna a cinque anni e mezzo contro il cardinale Angelo Becciu per peculato e truffa. È stato il caso giudiziario di maggior rilievo mondiale del millennio. Il braccio destro del Papa, il 24 settembre del 2020, era stato quietamente convocato a un'udienza di routine con il Numero 1, e si trovò davanti un Papa furibondo che a freddo lo accusò di avergli rubato i soldi delle elemosine per arricchire i fratelli sardi, con la scusa di aiutare la Caritas diocesana di Ozieri.

Francesco sventolò quel giorno sotto il naso del principe della Chiesa una copia-pilota, cioè non ancora uscita in edicola, dell'Espresso con questo titolo su Becciu: «Soldi dei poveri al fratello e offshore». Una tesi impugnata come verità rivelata da Bergoglio quasi fosse un'aggiunta tardiva al Vangelo, ma pur sempre infallibile. Il porporato fu trasformato in statua di sale dalla veemenza del Dolce Cristo in Terra (copyright di Caterina da Siena), e seduta stante si ritrovò condannato alla «crocifissione cautelare» ed esposto pendente davanti all'universo nei panni disgraziati del «cattivo ladrone».

Il giudizio del Tribunale vaticano fu pronunciato il 16 dicembre 2023, il 30 ottobre sono state diffuse circa 800 pagine con le motivazioni. Vi si dice: non ha rubato, ma è colpevole lo stesso di peculato. I giudici ammettono che non esiste alcun bottino: non hanno trovato un euro nelle tasche di porpora della piccola eminenza di Pattada, e neppure se ne sono appropriati i suoi parenti. No, ma è reo comunque. E per che cosa? Per aver dato il via, quando monsignor Angelo era «sostituto segretario di Stato», a un «azzardo», un affare i cui esiti sono stati rovinosi per le casse della Chiesa, con una perdita finale valutata dal Tribunale in duecento milioni. Il palazzo di Londra non andava acquistato, permettendo a........

© Il Giornale


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