menu_open Columnists
We use cookies to provide some features and experiences in QOSHE

More information  .  Close

Un Doge non è per sempre

1 0
previous day

Mentre si riaccende la polemica tra Elon Musk e Donald Trump in relazione alla legge di bilancio degli Stati Uniti, il Department of Goverment Efficiency (Doge), la creatura forgiata a immagine e somiglianza di Musk, sembra languire una volta persa la guida del miliardario sudafricano, al di là dei proclami dell’amministrazione trumpiana volti a dare rassicurazioni sulla prosecuzione del suo funzionamento. 

Ultimo episodio è quello riportato dal Washington Post in relazione alla gestione delle sovvenzioni concesse dal governo e dalle agenzie federali che faticano a trovare allocazione, a causa delle censure politiche e del malfunzionamento del Doge.

Non sto facendo riferimento ai fondi concessi in Italia, attraverso le varie “leggi mancia”, che ogni anno sono emanate per consentire ai parlamentari di fidelizzare il proprio elettorato attraverso le concessioni per le bande musicali o le sagre paesane, bensì alle sovvenzioni quali quelle volte a sostenere gli operatori sanitari che hanno cura dei malati di Alzheimer, il supporto per la demenza dei nativi americani o, ancora, la prevenzione dalle cadute per gli anziani.

Facendo un passo indietro, occorre rilevare che l’allocazione di tali fondi è stata sino all’introduzione del Doge pubblicizzata e gestita - per anni - attraverso un portale governativo, grants.gov, dove venivano pubblicate le offerte di sovvenzioni mediante la pubblicazione di una NOFO (Notice of Funding Opportunity): un portale che gestiva (e ora gestisce di nuovo) l’allocazione di fondi per circa 500 miliardi di dollari Usa ogni anno, garantendo trasparenza.  

Nel diluvio di ordini esecutivi emanati da Trump e tramite l’utilizzo politico del taglio dei fondi federali per creare pressioni sulle istituzioni indipendenti, quali l’Università di Harvard rea - nell’opinione del presidente - di non reprimere adeguatamente le proteste anti-israeliane, quando non corriva all’antisemitismo, l’effettiva concessione dei fondi già stanziati è divenuta suscettibile di un’ulteriore valutazione politica sulla compatibilità con i metodi presidenziali.

Da qui la necessità, imposta dal Doge quasi fin dal suo insediamento, di un preventivo assenso da parte del dipartimento stesso alla pubblicazione delle offerte di fondi, così assicurando un controllo politico sulle allocazioni. Sin qui l’accaduto, nulla di straordinario nella gestione trumpiana delle pubbliche risorse quali strumento di pressione per il raggiungimento dei propri scopi.

La concentrazione dei poteri sul Doge ha portato però a un sostanziale ingorgo di pratiche che il Dipartimento dell’efficienza appare non avere efficientemente gestito: le fonti consultate dal Washington Post riferiscono di circa trenta sovvenzioni bloccate. Non solo, si sono verificati ulteriori malfunzionamenti che dimostrano il mare, se non l’abisso, che spesso separa il dire dal........

© HuffPost