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Data una regola, facciamone a meno

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«MI chiamo Juan P. (non vi dirò il mio cognome per ovvie ragioni) e parecchi invidiosi ritengono che mi manchi una rotella».

Comincia così il nuovo libro di Javier Tomeo, Lo sguardo della bambola gonfiabile, edito da Occam e tradotto da Loris Tassi. Occam aveva già editato nel 2024 Storie minime, 44 storie brevi folli e geniali e ci riporta di nuovo il modo di raccontare di Tomeo: brillante, fuori dagli schemi, stralunato e profondo, non catalogabile. Tomeo costringe chi legge a misurarsi con un continuo cambio di prospettiva e a riflettere su cosa sia davvero normale e cosa invece non lo sia. La cosa strana è solo negli occhi di chi guarda, l’esperienza surreale non lo è mai così tanto, non lo è mai per davvero, e l’ordinario invece è colmo di guasti, di storture a ogni angolo.

Comincia, come detto, questo libro, e il protagonista narra e afferma subito ciò che la gente afferma di lui. E non è vero secondo lui, ma è vero secondo la gente. E sono vere entrambe le cose. Gli invidiosi, coloro ai quali forse manca davvero la rotella, un modo di curioso di affrontare la realtà e saperne ridere. Tomeo mi pare abbia due regole principali da seguire, la prima ha ben presente il senso del ridicolo che permea tutte le vicende. La seconda tiene conto di ogni elemento che trasforma una storia da immaginata a raccontabile. Forse è un genio. Di certo è uno dei maggiori scrittori spagnoli del Novecento e la sua lingua è limpida e viva, la traduzione di Tassi, in tal senso, la restituisce pienamente.

«Ma adesso sono io a non voler rispondere. Vada al diavolo. Che bisogno hanno le bambole di sapere dove si trovano i punti cardinali?»

Juan è un uomo solo, vive con una bambola gonfiabile. La bambola non ricambia le sue attenzioni. Il suo amore? Lasciamo che decidano i........

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