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Più del dazio in sé potrà far danni veri l'instabilità sistemica

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L’introduzione dei dazi da parte di Donald Trump ricorda lo Smoot-Hawley Tariff Act, una legge varata nel 1930 in piena crisi depressiva, che inaspriva i dazi sulle importazioni introducendo una tariffa generalizzata del 20% a protezione della produzione agricola e delle imprese americane colpite dalla Grande depressione.

Il provvedimento aggravò le conseguenze della crisi del 1929, causò una vasta risposta in termini di contro-dazi da parte dei paesi colpiti e alla fine venne molto attenuato dal presidente Franklin Delano Roosevelt nell’ambito del suo New Deal.

La storia dovrebbe insegnare qualcosa. Certo allora i dazi si inserivano in una situazione di crisi internazionale, ma avevano sostanzialmente una giustificazione economica, per quanto sulla base di pressioni dovute principalmente alla lobby degli agricoltori.

L’attuale contesto è molto diverso da quello del secolo scorso, l’Europa ha una apertura al commercio internazionale che è più che doppia rispetto a quella statunitense, non solo: anche guardando alle modalità utilizzate per introdurre le tariffe gli obiettivi sembrano in buona parte estranei a una logica puramente economica. Così le aliquote da applicare per definire dazi reciproci non tengono conto del livello effettivo delle tariffe praticate dagli altri paesi, ma del deficit statunitense verso i paesi di importazione rapportato al totale delle importazioni di quei paesi. Ma così il dazio statunitense non dipende da quello applicato sui prodotti americani nel mondo bensì dal fatto che ai cittadini e imprese americane vogliono (per motivazioni di costo, ma anche per i gusti, le preferenze, la funzionalità o la superiorità qualitativa di altre produzioni) acquistare i beni sanzionati e questo genera un deficit commerciale.

Da un punto di vista strettamente economico è quindi una aberrazione, e infatti non è questo il campo su cui misurare l’operazione. Le motivazioni sono più squisitamente di ordine geo-politico, o anche più strettamente attinenti alla volontà di esercitare pressioni di fatto verso tutto (o quasi) il resto del mondo, per attivare singole trattative che, in parte più o meno consistente, poco hanno a che vedere con la situazione del commercio internazionale e molto invece con questioni di supremazia internazionale per estorcere caso per caso (scardinando definitivamente il sistema internazionale multilaterale) concessioni di vario tipo, cercando di far prevalere chi appare più forte.

La discussione sull’introduzione dei dazi si sta focalizzando sulle eventuali perdite........

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