Consultori, 50 anni dopo. Non celebriamo una memoria, rilanciamo una battaglia
Il 29 luglio 1975 entrava in vigore la legge n. 405. Con essa, l’Italia istituiva i consultori familiari, collocandoli tra i servizi pubblici a più alta densità di senso civile e sociale. Cinquant’anni dopo, non possiamo limitarci a una celebrazione formale. Dobbiamo chiederci, con lucidità e coraggio: che ne è oggi di quella visione, cosa è rimasto di quegli anni, di quelle mobilitazioni per ottenere diritti che oggi non possiamo più dare per scontati?
Per la nostra professione, quella dell’assistente sociale, il consultorio è stato ed è molto più di un luogo di lavoro: è lo spazio in cui il diritto incontra la cura, la prossimità diventa prevenzione, e il sostegno si fa cittadinanza. È il luogo in cui si dà dignità e ascolto alle domande più delicate: maternità, affettività, relazioni, adolescenza, genitorialità, conflitti, solitudine.
Ma i consultori familiari non vivono, e ormai da moltissimi, troppi anni, una stagione facile. Spesso invisibili, sotto finanziati, depotenziati, resi periferici nella programmazione regionale, non riescono più a essere il volto prossimo dello Stato che accoglie e accompagna. Ne mancano, secondo i nostri ultimi dati, 1700 di quelli previsti per legge (sono 1200 su 2900) e il personale è il 70% in meno. Eppure, non c’è altro luogo pubblico così cruciale nel presidiare la libertà e la salute delle persone nei momenti di trasformazione o di difficoltà.
Difendere i consultori significa scegliere da che parte stare: dalla parte dei diritti, non della solitudine.
Nella legge 405 c’era già, cinquant’anni fa, una visione moderna del welfare: integrato, di prossimità, interdisciplinare. È la stessa visione che oggi ritroviamo nelle Linee guida per gli Ambiti Territoriali Sociali, adottate con Decreto Interministeriale del 24 giugno 2025. In quel documento – che il CNOAS ha seguito con grande attenzione – si afferma chiaramente che la presa in carico deve essere unitaria, le reti........© HuffPost
