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Medtec, laureati i primi medici-ingegneri. Il soft power della cultura politecnica milanese

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07.07.2025

Un medico ingegnere, una sintesi originale tra competenze diverse, in grado di tenere insieme l’anatomia e le macchine tecnologiche più sofisticate, l’attenzione specialistica per la salute e la capacità di usare tutti gli strumenti digitali per diagnosi e terapia e prevenzione sanitaria. Di conoscere a fondo, insomma, quella creazione straordinaria, complessa e fragile, che è il corpo umano e di governare, a suo vantaggio, le possibilità offerte dall’Intelligenza Artificiale. A metà della scorsa settimana, a Milano, si sono laureati i primi trentasette studenti di un corso di studi interdisciplinare, la Medtec School, nata sei anni fa dalla collaborazione tra la Humanitas University e il Politecnico, un’evoluzione importante dell’ingegneria biomedica insegnata da anni al Politecnico. E la città conferma, così, una sua caratteristica di fondo: essere avanguardia nella formazione di alto livello, punto di riferimento internazionale delle Life Sciences, centro culturale di sperimentazione, ibridazione e sintesi di saperi diversi, lungo le nuove frontiere high tech. Una metropoli politecnica.

Sostiene Donatella Sciuto, rettrice del Politecnico: “La convergenza tra Medicina e Ingegneria rappresenta un fattore di sviluppo economico e sociale a livello globale e nasce come eccellenza italiana. E la nostra speranza è che i neolaureati scelgano di specializzarsi qui e di lavorare in strutture ospedaliere e aziende del nostro paese”. E Luigi Maria Terracciano, rettore della Humanitas University: “L’obiettivo che ci siamo dati è formare professionisti capaci di governare l’evoluzione tecnologica in campo medico, mantenendo lo sguardo umano e la relazione con il paziente. Si tratta di un’esperienza universitaria con sbocchi importanti nel settore ospedaliero ma anche nell’ambito della ricerca avanzata”.

La Medtec School oggi ha 389 iscritti (il 58% sono studentesse), con una forte capacità di attrazione internazionale: il 17% vengono dall’estero, soprattutto da Francia, Grecia e Turchia. Quest’anno i laureati saranno in tutto 42. I corsi sono naturalmente in inglese, si svolgono a semestri alterni al Politecnico e alla Humanitas University e traggono vantaggio anche dal fitto sistema di relazioni che le due università hanno con docenti e ricercatori dei grandi atenei e dei migliori centri di ricerca nei principali paesi del mondo. Riprova dei vantaggi di una cultura scientifica critica, dialettica, aperta all’innovazione e sensibile agli stimoli di cambiamento.

È proprio questa, d’altronde, nella storia e nella pur controversa contemporaneità, una caratteristica di fondo di Milano, oramai la principale città universitaria italiana, con oltre 220mila studenti in una decina tra università (sempre meglio inserite nelle più prestigiose classifiche internazionali) e scuole di alta formazione (nel mondo del design e della moda). La caratteristica di chi, nell’accoglienza (comunque esigente, severa, produttiva), sa costruire stimoli di crescita e tenere insieme competitività e inclusione sociale, cittadinanza (uno spirito civile, di comunità) e intraprendenza, mercato e welfare. E anche se queste attitudini oggi conoscono un momento di crisi, una trasformazione delle tendenze di fondo (molti superficiali city users, un numero crescente di abitanti in difficoltà per gli alti costi dell’abitare e del vivere) e si ascoltano frequenti critiche e autocritiche sulle trasformazioni della “milanesità” (Milano è la città italiana più incline a discutere su se stessa, spregiudicatamente), è comunque vero che proprio qui continuano a nascere e maturare culture, fenomeni economici e........

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