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La riflessione Don Matteo, il suicidio e il mistero immenso del cuore dell'uomo

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Un ritratto di don Matteo Balzano - SDNews

Domenica mattina, in chiesa: «Padre, che c’è? Ti vedo triste». «Lo sono: don Matteo, un mio giovane confratello, ha detto addio alla vita». «Lo conoscevi?». «No, ma potrei elencarti, senza il timore di sbagliare, le sue speranze, le sue paure, i suoi dubbi, le sue tristezze, le sue gioie più profonde e vere».

No, non sono un indovino né un profeta, ma solo un prete come lui. E i preti si somigliano tutti. Hanno impresso nell’animo lo stesso marchio indelebile. Perciò oggi il clero italiano, e non solo, ha il cuore a lutto. Don Matteo è uno di loro. Il prete, nella società odierna, è una figura strana. Ricercato e bistrattato, osannato e calunniato.

Un uomo che, liberamente, si è assunto il difficile compito di rendere presente Dio, che non si vede, ai propri contemporanei che sovente ne farebbero volentieri a meno. Un uomo al quale viene chiesto tanto e perdonato poco. Non è, e non deve essere, un angelo, il prete. Dopo l’ordinazione continua ad avere fame e sete come tutti; a sentire il freddo, il caldo, la stanchezza, la rabbia, come tutti. E come tutti deve lottare contro le tentazioni, quelle vocine suadenti, cioè, che, nei momenti cruciali, si fanno avanti e ti propongono di intraprendere una comoda ma peccaminosa scorciatoia. Come ogni uomo, anche il prete può cedere al ricatto del........

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