Quattro parole per capire i nostri limiti (e la vita): dolore, sofferenza, stanchezza, stufo
«Ti costringe a conoscere i tuoi limiti, a distinguere dolore e sofferenza».
Ho letto questa frase di Elia Frittoli qualche giorno fa su VareseNews, in un racconto dal Tor des Glaciers, firmato da Tommaso Guidotti. Mi è rimasta dentro. Forse perché poco dopo, correndo, sono caduto due volte in pochi giorni.
Il dolore lì non ha bisogno di spiegazioni: la mano che sanguina, il ginocchio sbucciato, il fiato interrotto. Ma subito dopo è arrivata la sofferenza: il pensiero che nessuno si fosse fermato a chiedere come stavo, la consapevolezza che l’età avanza e le forze non sono più quelle di un tempo, la frustrazione di non aver ancora imparato ad evitare il pericolo, pur di sentirmi vivo. Ecco: il dolore ti visita nel corpo, la sofferenza nasce nella mente e ti accompagna ben oltre la caduta.
Da lì ho capito che accanto a dolore e sofferenza esistono altre due parole sorelle: la stanchezza e lo “stufo”. La stanchezza è un disequilibrio energetico, quando il corpo e la mente chiedono riposo. Lo dicono i neurotrasmettitori: l’adenosina che si accumula, la dopamina che cala, la noradrenalina che non basta più a tenerci vigili. Per questo la stanchezza si cura fermandosi, dormendo, lasciando che il sistema si riequilibri. Essere stufi, invece, è un disequilibrio di senso. Non c’è riposo che........





















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