Giovanni Clementoni: “L’innovazione è un gioco di società”
Jeans, maglione blu scuro a collo alto, capelli corti e brizzolati, occhiali con montatura squadrata. A prima vista Giovanni Clementoni ricorda un po’ Tim Cook, l’erede ad Apple di Steve Jobs. L’analogia però svanisce in fretta davanti a un’affermazione piuttosto sorprendente, pronunciata con leggero accento marchigiano: “Non ho uno smartphone. O meglio, ce l’ho ma lo uso come uno di quei vecchi cellulari: chiamo e mando qualche messaggio. Le cose bisogna dirsele di persona, altrimenti si pensa di essersi detti tutto, e invece non ci si è detti quasi nulla”.
La vostra azienda è l’ultima vera fabbrica di giocattoli in Italia, e ha sessant’anni. Come si rimane sul mercato così a lungo?
Bisogna cercare di unire la capacità di innovare a quella di creare solidi legami con le persone e col territorio. Mio padre, per esempio, fondò l’azienda dopo aver visitato la fiera del giocattolo a New York, avendo notando che in Italia oltre al Gioco dell’oca e al Monopoli non c’era quasi niente. Però non la fondò in città, ma nella sua terra, che al tempo era a vocazione agricola e artigianale. La sua grande innovazione fu spostare l’attenzione dal giocattolo al gioco. Vede, i giocattoli trovano la loro caratteristica centrale proprio nella forma, nella materia; i giochi invece sono tutti dentro a una scatola, e la loro forza sta nel contenuto. Questo vuol dire che puoi risparmiare nella produzione, ma anche che devi creare di continuo giochi nuovi. L’innovazione, quindi, è al cuore del nostro prodotto.
Può farci un esempio?
Il primo gioco di mio padre fu la tombola della canzone. Si trattava di un gioco in cui, usando delle schede traforate e una sorta di rudimentale organetto, si potevano suonare delle melodie popolari dell’epoca, che i giocatori dovevano indovinare e segnare sulla loro tombola. L’idea partì dalla tradizione del territorio, dal momento che qui si producevano fisarmoniche. Ma allo stesso tempo fu molto innovativa, perché nessuno aveva pensato a qualcosa del genere. Ricordo mio padre che........
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