Il furto della Gioconda, l’arresto di Picasso e l’errore che tradì il ladro Vincenzo Peruggia due anni dopo: il mitico colpo al Louvre
Parigi – Il 22 agosto 1911. Mattina. Un imbianchino e decoratore del varesotto, il poi leggendario Vincenzo Peruggia, sta pranzando nella sua modesta stanza in rue de l’Hopital Saint-Louis con la Gioconda nascosta sotto il tavolino, chiusa in una cassa di legno e occultata nel pavimento. Ha da poco rubato il capolavoro di Leonardo da Vinci dal Louvre: è convinto che Napoleone abbia rubato il quadro agli italiani, per lui quel furto non è un reato ma un atto di patriottismo, eroismo e giustizia (sappiamo invece che non è cosi, la Monna Lisa fu venduta in realtà ai francesi nel ‘500 dallo stesso Leonardo). Peruggia lavorava per una ditta che faceva la manutenzione interna del Louvre, installava i vetri protettivi sulle opere della collezione, e per questo era titolato all’ingresso. Tra il museo e la casa passavano una quarantina di minuti a piedi. All’uscita lo stuccatore varesotto sbagliò autobus. Teneva la Gioconda nascosta sotto il cappotto.
Un emigrante. Un artigiano che nel 1907 andò a cercar fortuna oltralpe, a Parigi, come tanti connazionali dell’epoca. Il lavoro per il pane, una vita ruvida di sacrifici. Dipingere pareti, maneggiare vetri e cornici. Eccolo Vincenzo Peruggia da Dumenza, provincia di Varese. La sua salute era fragile: soffriva di saturnismo, una malattia provocata dall'inalazione del piombo presente nelle vernici. Dopo il furto e il pasto a casa, rientrò al Louvre.
Secondo qualche versione Peruggia, il vendicatore dello “scippo napoleonico”, si sarebbe nascosto in uno sgabuzzino la sera del 21 agosto, prima del giorno di chiusura del museo (allora era il lunedì), per uscirne la mattina presto da una porta secondaria. Ma forse ha solamente approfittato della scarsa vigilanza all’alba di un giorno agostano per vestire un camice da lavoro, introdursi nel Salon Carrè deserto e staccare il quadro. All’epoca la Monna Lisa era esposta tra un Correggio e un Tiziano, e non nella sala attuale visitata ogni anno da migliaia di turisti da tutto il mondo e protetta da una teca di cristallo. Dopo aver preso la Gioconda dal muro avrebbe infilato rapido una scala di servizio per poi salire al piano superiore, rimuovere la cornice, nascondere la tavola (77 centimetri per 53) sotto il camiciotto da operaio e tornare a casa, in Rue de........
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