“In bici sulle tracce di Vicky”. Enrico Brizzi racconta Tondelli. Alla fine della strada: da Brescello a Correggio e Bologna
Il viaggio in bicicletta partito dal Salone del libro di Torino per omaggiare Pier Vittorio Tondelli è ormai in vista del traguardo. Nei giorni scorsi abbiamo preso acqua e vento, ma ora che il maltempo si è sfogato la nostra gravel corre agile sugli argini del Gran fiume. Passiamo nella golena al largo di Gualtieri, con le tigri di Ligabue custodite nel poderoso Palazzo Bentivoglio, per filare verso il lido fluviale di Boretto, dove un debuttante Vasco Rossi venne bersagliato di ghiaia dai teppistelli del posto. Un détour per un caffè lungo il corso di Guastalla e si risale sull’argine. Luzzara, il paese di Zavattini, è l’ultimo d’Emilia prima che il Mantovano dilaghi sulla sponda meridionale. Per noi è tempo di lasciare il Po e ripiegare verso sud, il passo regolato sul rapporto più agile.
Trenta chilometri a Correggio. I mesi corrono implacabili incontro all’estate delle ’Notti magiche’. PVT la trascorre in buona parte nella sua casa di Milano a cucinare il suo piatto più ricco, ’Un weekend postmoderno’, seicento pagine di articoli usciti nell’arco di un decennio, riveduti, corretti e disposti a comporre una mappa inedita degli Ottanta appena tramontati.
Fulvio Panzeri, il critico che lo scorta in quell’impresa, descrive un disordine creativo all’insegna di “fotocopie degli scritti sparsi, scanner, dattiloscritti e carte varie, che continuamente emergevano dalla libreria dello scrittore, enormi fogli bianchi della prima informe stesura, impiastricciati dalla furia delle correzioni, matite smozzicate, nastri di stampante che s’ingrigivano, dubbi, ripensamenti, drastiche cancellature, lunghe telefonate, scambi di dischetti, aperture di quadranti, spostamenti di file, mix e rimix…”. Ancora un tour promozionale, un altro giro d’interviste e Tondelli lascia di straforo Milano. Solo agli amici più stretti confida di essere deciso a tornare in Emilia. Un trattore ci segue da presso per un paio di chilometri, e il viottolo fra i campi è troppo stretto per farsi da parte. Tocca pedalare a tutta forza, per sfuggire a quel colosso che procede nel polverone, testardo come il camion del film Duel. Riusciamo a seminarlo solo imboccando con buon vantaggio il Ponte del pastore, quindi mi metto a ruota di Quentin che lancia la volata.
La Bassa si apre a ventaglio dietro una curva a gomito della strada bianca. Il mio compagno di pedalata, uso ai ripidi paesaggi insubri e orobici, si riempie gli occhi di tutto quello spazio, poi si volge verso di me e considera compreso: “La gente sembra avere un sacco di tempo per pensare, da queste parti”.
Negli ultimi tempi, lo scrittore si riavvicina alla fede cattolica, tanto che vagheggia di scrivere un libro intitolato Sante messe, col racconto delle liturgie in diverse chiese d’Europa. In settembre si concede un’ultima puntata in Tunisia. Nel corso del viaggio si sente male, e riconosce le avvisaglie di un peggioramento senza ritorno. Rientrato in Italia, si ferma nella nuova casa di Bologna solo il tempo necessario a prelevarne le sue carte, quindi si fa ricoverare all’ospedale di Reggio Emilia. “Nel suo caso è stato un procedimento quasi fulminante, è una cosa di enorme rapidità” ricorda, ancora turbato a distanza di quasi trentacinque anni, il vecchio editore Mario Andreose. “È stato........
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