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Riforma della giustizia, Cassazione e Procura di Padova sostengono il cambiamento

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thursday

Giacomo Rocchi, presidente di sezione della Cassazione, appoggia la riforma costituzionale e annuncia il suo voto favorevole al referendum, definendola essenziale per restituire credibilità alla magistratura dopo gli scandali delle correnti.

«La Riforma della giustizia non è contro i magistrati. Per noi anzi può essere una purificazione», spiega Giacomo Rocchi, presidente di sezione della Corte di Cassazione. E il capo della Procura di Padova, Antonello Racanelli, invita i colleghi a non far guerra alla politica: «Maggioranza legittimata dal voto, sì alla separazione delle carriere».

Prosegue Rocchi: «Non temo la riforma costituzionale e voterò sì al referendum. E lo farò perché mi stanno a cuore la funzione del giudice, la sua autorevolezza nella società e le persone che vengono da lui giudicate».

«La riforma riguarda tre ambiti: la separazione delle carriere dei pubblici ministeri e dei giudici (e, di conseguenza, la scissione del Consiglio superiore della magistratura in due Consigli, uno per i giudici e l’altro per i pubblici ministeri), la creazione di una Alta Corte deputata a giudicare sulle sanzioni disciplinari richieste nei confronti dei magistrati, giudicanti e requirenti, e, infine, la formazione dei Consigli superiori non più su base elettiva, ma mediante sorteggio, sia dei magistrati (che mantengono la maggioranza dei due terzi), sia dei componenti indicati dal Parlamento.

Prima di affrontare il tema della separazione delle carriere, mi soffermo sul sorteggio dei componenti dei Consigli superiori. Un fatto «tecnico»? Non è affatto così. L’Associazione nazionale magistrati sostiene che la riforma svuoterebbe la rappresentanza democratica, alterando gli equilibri in favore della componente politica: ma non fa alcun cenno al «caso Palamara». Quel «caso», che ha portato alla radiazione del dottor Palamara – che era stato presidente dell’Anm e componente del Consiglio superiore della magistratura – dimostrava che i trasferimenti, le promozioni, le nomine importanti dei magistrati erano gestiti dalle correnti, con scambi di favori, segnalazioni, raccomandazioni, interventi di estranei, pressioni: un «controsistema» che si opponeva alle leggi, ai regolamenti, ai criteri che il Consiglio avrebbe dovuto applicare e che proseguiva da anni. Le correnti dell’Anm, dietro al ruolo di elaborazione culturale che si sono attribuite – «i diversi modi di intendere la giurisdizione» – nascondevano contatti, traffici, accordi: l’elezione dei componenti togati al Csm permetteva di realizzare questo sistema alternativo. È stato davvero uno «scandalo»: per i........

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