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Se togli la kefiah spunta il fascista

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13.10.2025

In una pagina memorabile de “La solitudine del satiro” Ennio Flaiano ricorda una definizione dello scrittore e pittore Mino Maccari passata giustamente alla storia: “Il fascismo si divide in due parti: il fascismo propriamente detto e l’antifascismo. Tutti e due vogliono un partito autoritario, nessuno vuole la libertà. Ossia ognuno vuole la sua versione della libertà, che consiste nel sopprimere quella dell’altro”.

È una chiave di lettura dell’antropologia del nostro povero paese talmente perfetta da essere diventata un classico. Vale sempre. Soprattutto quando, in un momento così drammatico da un punto di vista geopolitico come l’attuale, in Italia la tragedia trascolora inesorabilmente nella farsa. Ora, è del tutto pacifico che il fascismo sia un fenomeno morto e sepolto nel 1945, che non esiste più e non ha alcuna possibilità di tornare - a queste scemenze possono credere solo i variegati tromboni che affollano i talk show sinistroidi anti Meloni, una che non sarebbe in grado di rifondare il fascismo nemmeno nel suo condominio - ma la mentalità, l’atteggiamento, la postura, la violenza verbale è invece un virus che circola ancora, eccome, e dà ragione alla tesi del “fascismo eterno” secondo la celebre argomentazione di Umberto Eco.

Ne abbiamo avuto la prova plastica in un episodio agghiacciante avvenuto pochi giorni fa a Reggio Emilia e che è facilmente reperibile su Google. Quattro minuti allucinanti. Quattro minuti pedagogici. Sembrava l’interrogatorio dell’anarchico da parte delle camicie nere in “Amarcord”, un pestaggio ambientale e mediatico,........

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