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L'editoriale/ Il realismo che serve nella lotta sul clima

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thursday

Sono trascorsi dieci anni dalla Conferenza sul clima di Parigi che fissava l'asticella dell'aumento delle temperature ben al di sotto i 2 gradi centigradi, preferibilmente entro 1,5 gradi. Solo in questo modo, si diceva, avremmo salvato il pianeta. Speriamo che non sia vero, che esista un'altra strada, perché quell'obiettivo è di fatto irraggiungibile. Secondo gli scienziati, per contenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi dovremmo lasciare sotto terra il 90% del carbone e il 60% di gas e petrolio. Non domani ma oggi stesso. Sappiamo che non è possibile e soprattutto che non sta succedendo, perché le fonti fossili continuano a far parte del nostro menù energetico. E dunque dieci anni dopo Parigi, nella città brasiliana di Belem, alle porte della Foresta Amazzonica che è il luogo simbolo di tutti gli ecologismi, si cerca di imboccare l'altra strada, quella del realismo. Di fronte alla prospettiva di un fallimento, la vera chance per continuare la lotta al cambiamento climatico sembra rallentare, non accelerare. La Cop30, partita sotto una fitta coltre di pessimismo dovuta al disimpegno dei grandi inquinatori (Cina, India e Usa), affida a questo paradosso la speranza di un cambio di indirizzo. Dall'utopia del "tutto e subito" alla sostenibilità delle scadenze e dei target. Nel frattempo bisognerà aiutare i Paesi in via di sviluppo rifinanziando i fondi climatici e rafforzare le politiche di adattamento agli eventi estremi, traguardi -........

© Il Messaggero