«La giustizia è civiltà, non vendetta: perciò credo nel perdono»
Figlio di Vittorio Bachelet, vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura assassinato dalle Brigate Rosse nel 1980, Giovanni Bachelet è da sempre una voce limpida nel dibattito pubblico sui temi della giustizia, della memoria e del perdono. Fisico e docente universitario, già parlamentare, ha scelto di proseguire la lezione morale del padre non con parole di vendetta ma con un impegno civile fondato sulla Costituzione. Una lezione che ha ricordato pochi giorni fa, in occasione della morte di Anna Laura Braghetti, la brigatista che colpì a morte suo padre: «Invocare soluzioni facili – dice – non è solo contrario al Vangelo o all’Illuminismo, ma anche alla sicurezza dei cittadini. La giustizia non è vendetta: è civiltà».
In uno dei suoi articoli, lei scrive che “senza giustizia non c’è pace, senza perdono non c’è giustizia”. Come si può tradurre concretamente questa visione in una società che tende a polarizzarsi e a cercare più colpevoli che soluzioni?
La difficoltà di chi cerca davvero maggiore sicurezza è dimostrare che con una giustizia più umana c'è anche più sicurezza. Il problema di oggi è la comunicazione “da tastiera”, che moltiplica odio e scandalo. È più facile far circolare messaggi estremi che razionali. Io provo, quando mi invitano a parlare, a “dare i numeri”: in cinquant’anni, mentre in Italia si è affermato un uso della pena meno disumano, gli omicidi volontari si sono ridotti di cinque volte. Negli Stati Uniti, dove c’è la pena di morte, sono dieci volte di più. Il nesso tra giustizia umana e sicurezza è dimostrato dai fatti. Invocare soluzioni facili – come “sparare ai ladri” o “buttare la chiave” – non è solo contrario al Vangelo o all’Illuminismo, ma anche agli interessi dei cittadini. Questa è la battaglia più importante, ma anche la più difficile.
In Italia oggi “ordine” e “punizione” sembrano diventate parole d’ordine. Addirittura qualcuno aveva proposto di modificare l’articolo 27 della Costituzione, e il Dap ha recentemente ristretto le attività culturali e ricreative nelle carceri.
Queste restrizioni riguardano le sezioni di Alta sicurezza. Il 41 bis è nato durante il terrorismo, quando le carceri erano ingestibili. Finita l’emergenza,........





















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