Matteotti e la solitudine di un antifascista precoce
Fa una certa impressione rileggere oggi alcuni discorsi che Giacomo Matteotti, segretario del Partito socialista unitario, pronunciò in Parlamento tra il ’21 e il ‘22 nel periodo immediatamente a ridosso della marcia su Roma (riportati con il titolo Contro ogni forma di violenza nel libro curato da Davide Grippa, Einaudi 2024). Già nel gennaio 1921 Matteotti denuncia, in una delle prime analisi organiche del fenomeno fascista, la complicità degli apparati dello Stato con la violenza crescente che serpeggia nel Paese:
“La classe che detiene il privilegio politico, la classe che detiene il privilegio economico, la classe che ha con sé la magistratura, la polizia, il governo, l’esercito, ritiene sia giunto il momento in cui essa, per difendere il suo privilegio, esce dalla legalità e si arma contro il proletariato. Il governo (come è dimostrato dai fatti accennati) e soprattutto le sue autorità, assistono impassibili e complici allo scempio della legge”.
E a tal proposito Matteotti richiama le continue spedizioni contro le leghe dei lavoratori (qui in particolare nel Ferrarese) quando, se non si raggiunge un accordo, la parola è alle rivoltelle dei fascisti: “Le rivoltelle sono le compagne – le frasi di Matteotti sono davvero impressionante – le amiche legittime, oppure no, inseparabili dei racconti; occhieggiano e luccicano da ogni tasca. Ci si domanda con la maggiore naturalezza di questo mondo: quanti colpi hai? E si vuole sapere quante rivoltelle e di quali tipi..”.
Ma forse ancor più mi hanno colpito, per le assonanze con l’attualità, le parole di Matteotti nella Relazione della minoranza sui pieni poteri del 17 novembre del 1922 in risposta al disegno di legge presentato da Mussolini, ormai presidente del Consiglio (nonché ministro dell’Interno e ad interim ministro degli affari esteri). Anzitutto si chiede: “Da un punto di vista piú generale, quali sono le ragioni che possono indurre il potere legislativo a rimettere i pieni poteri al potere esecutivo… riportandoci alla nefasta legislazione per decreto?”. E questo durerebbe fino al 31 dicembre 2023:
“Non sappiamo neppure intuire quale sarà per essere la condizione, la dignità, la funzione del Parlamento, cioè della Camera e del Senato, da oggi a quella data. Il Parlamento non dovrebbe........
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