I protagonisti del Novecento nel grande racconto di Corrado Stajano
È un ritratto corale di uomini e donne del nostro migliore Novecento il libro Destini, Vite di un mondo perduto, di Corrado Stajano, uscito anni fa da Archinto e ora ripubblicato con sensibili aggiunte da Il Saggiatore. Ed è, non solo in senso metaforico, proprio il destino il protagonista di questo racconto straordinario di storie di vite eccellenti: una linea accidentata sottostante o soprastante l’esistenza umana, il destino – oggi, nella mancanza di qualunque idea di tempo, il passato o il futuro, difficile da immaginare – che appassiona l’autore non meno dell’amico Cesare Garboli: se lo confessarono in una chiacchierata di tanti anni fa nella villa di Vado di Camaiore.
Ne fa fede una tovaglia di lino bianco appesa al muro di una casa milanese (che è poi quella dell’autore e della moglie Giovanna Borgese) simbolo della buona e della cattiva sorte sulla quale 718 persone, famose un tempo, alcune dimenticate, altre rimaste invece nella storia, lasciarono le loro firme che furono ricamate poi in rosso, a punto erba da Maria moglie di Giuseppe Antonio Borgese, noto critico letterario, poeta e drammaturgo. Alcuni non si sono neppure resi conto della furia del mondo, altri, invece, hanno avuto la vita attraversata da feroci sofferenze, esiliati, fucilati, morti nei Lager nazisti, suicidi, impiccati. Tra i nomi degli scrittori che vi figurano spesso con poco o nulla in comune tra loro: Matilde Serao, Salvatore Di Giacomo, Stefan Zweig, Amalia Guglielminetti, Annie Vivanti, Sibilla Aleramo, Massimo Bontempelli, FuturisMarinetti – firma così – e ancora, Alberto Savinio, Giovanni Comisso, Margherita Sarfatti, la futura apologeta del Duce, Guido Piovene, Aldo Palazzeschi, Cesare Zavattini, Vitaliano Brancati, Dino Buzzati, Corrado Alvaro…
Sulla tovaglia si incrociano i destini di molti, nota l’autore, vittime e, anche, carnefici: Anna Kuliscioff che morì in esilio a Parigi nel 1925, Filippo Turati morì anche lui esule qualche anno dopo; Giovanni Amendola ucciso a Cannes nel 1926 dagli squadristi fascisti; Eugenio Colorni assassinato a Roma dalla banda Koch; Giovanni Gentile eliminato in quello stesso anno dai partigiani comunisti del Gap di Firenze…
Destini e caratteri incisi sulla tovaglia dove i nomi si incastrano l’uno nell’altro, “paralleli, perpendicolari, obliqui, un fuoco artificiale di firme lunghe, corte, spezzate – così le osserva Stajano – ridondanti, panciute, minute, esibizioniste, timorose quasi di svelarsi, eleganti, gonfie di sé, sopraffattrici, sinuose, raffinate, lapidarie, volitive”.
Tra i protagonisti di Destini, incontrati negli anni e spesso divenuti amici (ne riporto solo alcuni per le storie che più mi han colpito) c’è l’anomalo banchiere Raffaele Mattioli, che Stajano conobbe con i giovani redattori della sua casa editrice Ricciardi, e la curiosa vicenda, nota fino a un certo punto, di lui che a capo di una delle più importanti banche pubbliche dell’Italia fascista era riuscito a mettere in salvo nel 1937 il documento più alto del capo dei comunisti italiani, i Quaderni dal carcere di Gramsci.
O l’esperienza di Edith Bruck internata a Dachau nel 1944 dodicenne e che alla fine del secolo scorso decide di tornare in quel posto di disperazione e di morte divenuto nel frattempo un museo con sala di proiezione, biblioteca, archivio. E si........
© HuffPost
visit website