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Antologia quasi poetica degli sconfitti

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15.03.2024

In un articolo di Maurizio Maggiani su “La Stampa” dal titolo Quei volti violati dal tempo che riaccendono la memoria c’è una sua affermazione che mi ha colpito quando dice di non credere che l’essere umano si compendi nel suo lavoro, o per lo meno non solo lì: perché una vita è sempre più grande del lavoro che la sostiene, che un muratore sia molto più delle sue mani e che quel di più lo racconti con la sua faccia, il suo sguardo.

È proprio vero, ma forse vale anzitutto per chi un lavoro ce l’ha o di un lavoro gode i frutti. A questo ho ripensato leggendo il libro di un giornalista - da “La Repubblica” a “La Stampa”- una volta si sarebbe detto impegnato: Niccolò Zancan, Antologia degli sconfitti. Cronaca quasi poetica del presente, uscito da poco per Einaudi. E alla signora Egle Zorzan, in particolare, ottant’anni, incontrata al mercato di Porta Palazzo a Torino dove restavano cumuli di rifiuti in terra. Zancan si ferma per osservarla: è una donna con le gambe magre, sta proprio lì in mezzo, vestita con una lunga gonna elegante e un giaccone nero, e sembrava avere perso qualcosa in un cassonetto dell’immondizia. Si sporgeva al punto che stava per caderci dentro. Fino a quando quella signora spuntò fuori dal bidone con due mazzi di carote, uno per mano. Nel settembre del 1959 – racconta Egle – erano sbarcati dal Veneto col marito alla stazione di Porta Nuova “come dei terroni del Nord”. Avevano con loro i figli, due valigie e un contratto alle carrozzerie di Mirafiori. Erano stati felici insieme con uno stipendio sicuro, le vacanze in agosto a Loano e una automobile per muoversi. Era rimasta vedova e le cose avevano iniziato a precipitare, fino sull’orlo di quel cassonetto dell’immondizia.

Una storia che si lega a un’altra storia più generale di crisi, quella della ex capitale del fordismo e alla biografia dello stesso autore nato a Torino nel 1971 quando la grande metropoli del triangolo industriale era un mosaico di speranze, ognuno contribuiva a quel miracolo con la sua stessa vita. Quell’anno sembrava una scommessa che tutti erano convinti di vincere, e la scommessa diceva pressappoco cosí: le cose, tutte le cose, le cose di tutti, si aggiusteranno. Andrà meglio. La città era la fabbrica. Ora non più.

Anche a Milano la povertà assoluta comincia a vedersi per le strade – e parliamo sempre del Nord – dove ci........

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