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Addio a Fofi, amarcord: dalla mensa proletaria al Mammut di Scampia fino ai Quaderni

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L'intellettuale appena scomparso, dalle colonne di questo giornale, nella rubrica «Mezzogiorno di fuoco», parlava di Sud, cultura, pedagogia, storia, politica. A lui si deve la rivalutazione del cinema di Totò

Passo svelto nonostante la leggera zoppia, immancabile bastone a volte brandito minacciosamente (ma più spesso benevolmente, quasi come uno scettro da investiture), quando Goffredo Fofi arrivava alla stazione di Napoli non c’era verso di fargli prendere un taxi. Percorreva a piedi, sicuro e spedito, la strada fino all’amato centro storico, alla sua casa condivisa con amici e conservata negli anni come punto di appoggio napoletano, nonostante non vivesse più qui. Se ne era andato, ma sempre vi tornava, perché la sua città adottiva continuava a fornirgli stimoli intellettuali e amicizie profonde. Ora che è scomparso all’età di 88 anni, chi lo ha conosciuto e frequentato non può non sentirsi orfano, perché Fofi ha continuato fino all’ultimo a creare legami, a lavorare collettivamente, a seminare idee, come aveva fatto negli anni passati attraverso le tante riviste che aveva fondato.

Pensatore eretico e controcorrente tra i più grandi del nostro tempo, tra gli ultimi suoi progetti da sviluppare a Napoli c’era quello dei “Quaderni verdi”, sulla falsariga degli storici “Quaderni rossi”, ma con una........

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