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Il fallimento dei referendum e la catena di errori a sinistra

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tuesday

Un magro bilancio referendario, sotto tutti i punti di vista. Ci ritroviamo lontani anni luce dalla definizione del referendum come «festa della democrazia», con gli elettori che si assottigliano sempre di più. Non “semplicemente” in linea con la tendenza assai pronunciata all’astensionismo che si riscontra in ogni tipo di appuntamento elettorale, ma perfino oltre.

La percentuale dei votanti si è attestata a poco più del 30%, meno di un terzo degli aventi diritto; e quanto accaduto, mentre da una parte all’altra dell’arco parlamentare si sprecano le invocazioni di vittoria o, quanto meno – deplorevole “classico” italico – di «non sconfitta», dovrebbe indurre invece qualche riflessione seria e razionale presso tutte le forze politiche.

Le serie storiche ci ricordano che è dal 1995 che nessun referendum centra più l’obiettivo del quorum, a eccezione dell’exploit del 54,8%, nel giugno del 2011, in occasione della consultazione sull’acqua pubblica. E, dunque, la prima constatazione – obiettiva – da fare è che siamo in presenza di un fallimento dei referendari, che trascina con sé lo stesso istituto di........

© Corriere delle Alpi