Colpevole di essere innocente: da Garlasco ad Erba, storia di tutti i più discussi errori giudiziari
Le recenti indagini su Garlasco lo confermano: la revisione di un processo è una strada ardua e tortuosa. Anche quando emergono nuove prove, favorevoli a un condannato, la giustizia si trasforma in un muro di gomma. Lo mostrano le statistiche. E tanti casi, da Bruno Contrada alla strage di Erba.
L’assassinio risale al 13 agosto 2007. La condanna definitiva è del 12 dicembre 2015. Eppure siamo ancora qui a parlare del «caso Garlasco». A 6.500 giorni dalla morte di Chiara Poggi, la Procura di Pavia ha aperto nuove indagini. Sotto le unghie della vittima è stata individuata una traccia di Dna compatibile con il profilo genetico di Andrea Sempio, un amico del fratello di Chiara, e ora gli viene attribuita anche l’impronta di una mano sulle scale di casa Poggi, là dov’era stato gettato il corpo della ragazza. Poi, in un canale, è stato recuperato un martello di ferro, forse l’arma del delitto fin qui mai individuata.
È così che è ripartito un caso che a suo tempo aveva già riempito le cronache, e per il quale esiste anche un colpevole ufficiale: Alberto Stasi, il fidanzato di Chiara, che è in carcere dal 13 dicembre 2015. Il processo contro di lui era stato lungo e contraddittorio. Il primo e il secondo grado erano terminati con due assoluzioni piene, per non aver commesso il fatto, seguite da un brusco annullamento in Cassazione e poi da una condanna definitiva che aveva punito un omicidio volontario con appena 16 anni di reclusione.
Tanto che all’epoca s’insinuò che i giudici non fossero convinti della colpevolezza dell’imputato, e avessero deciso in barba al principio del «ragionevole dubbio».
Va detto che la giustizia penale italiana, purtroppo, ci ha abituato a ogni tipo di distorsione e che la stessa certezza del diritto, nei nostri tribunali, non è proprio un obiettivo cui si noti una spasmodica tensione ideale. Lo testimonia l’incredibile numero dei risarcimenti per ingiusta detenzione.
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