L’uomo e il mistero antico della guerra
Nel 1999, durante la guerra in Serbia, si era tenuto un dibattito televisivo al quale avevano partecipato sei commentatori, di cui una sola donna, Ombretta Colli, esponente politica di Forza Italia.
Alla fine della trasmissione l’ex cantante aveva fatto notare agli uomini che, benché fossero unanimemente contrari ai bombardamenti della Nato, erano tutti in preda a un’eccitazione sospetta, un’eccitazione montante, un’eccitazione morbosa, a cui lei era invece estranea. Aveva ragione la Colli. Le donne, che danno la vita, non hanno mai amato la guerra. Gli uomini, inquieti fuchi innervati da un oscuro istinto di morte - che rappresenta anche la radice del tradimento: gli uomini tradiscono le donne perché hanno paura di morire - invece sì.
L’aneddoto è stato raccolto da Massimo Fini - uno dei rari cavalli di razza del giornalismo italiano, poverissimo, come noto, di purosangue e ricchissimo invece di somari - in un formidabile pamphlet intitolato “Elogio della guerra”, che ricostruisce da un punto di vista storico e soprattutto antropologico il senso dell’uomo, anzi, il senso del maschio per la guerra, che è stato per millenni il nostro “gioco”. Un saggio tornato alla mente in questi giorni di serrato dibattito sul conflitto in Ucraina e sul riarmo in Europa, con il ri-formarsi di una vastissima scuola di pensiero secondo la quale ogni idea di armi è fuori dalla storia perché l’uomo non è fatto per la guerra, l’uomo non vuole la guerra, l’uomo non concepisce la guerra, l’uomo del 2025 è........
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