Contemporaneità e pensiero politico
Per inoltrare il nostro ragionamento sui risultati dell’elezioni europee, abbiamo atteso l’attenuazione dei commenti e delle prese di posizione particolarmente complesse, a volte contradditorie, a tratti perfino fantasiose.
Alcune fonti muovendo da forti preoccupazioni per l’avanzata dell’estrema destra concludevano con la rassicurazione che poco sarebbe cambiato con la nuova governance. Si son visti commentatori, politici, osservatori ed analisti costruire stravaganti posizioni frutto di un mix tra indicazioni elettorali e propaganda di politica interna. Al solito, vittoria di tutti, sconfitte camuffate; le cinque stelle parlamentari hanno individuato nella battuta d’arresto il principio di un galvanizzato movimento, gli europeisti degli Stati Uniti d’Europa, nel mancato quorum, la partenza di un necessario fronte per la coesistenza e l’amalgama degli attori europei.
Insomma, “Sia la luce. E la luce fu” (Genesi 1,3). È del tutto superfluo soffermarsi sulle operazioni di Matteo Renzi e Carlo Calenda abituati come sono ad usufruire delle momentanee alleanze come Enrico Mattei che considerava i partiti come taxi da usare e poi scendere.
Purtroppo, la contemporaneità ci porta a mescolare realtà, fatti e desideri con il risultato che interpretiamo il mondo, e quindi la politica, non così com’è ma, in un eccesso idealistico, come desideriamo che sia.
In questo siamo sostenuti da un’informazione che non informa, dal tramonto dell’autentico ruolo del giornalismo surclassato dalla funzione di agit-prop, convergente con le rispettive forze politiche, che tutto spiega, tutto interpreta, tutto convince, ma nulla indaga, nulla analizza e nulla studia.
A maggior ragione al giornalismo politico occorre ricordare che pure il don Ferrante di Manzoni ammoniva “che la politica senza la storia ̶ e aggiungiamo senza la geografia ̶ è uno che cammina senza guida”. Non a caso la pubblicazione degli scritti di Scienza politica di Gaetano Mosca porta il titolo: Ciò che la Storia potrebbe insegnare.
L’appannamento del senso della politica ha prodotto une politique apolitique, personalizzata, attivante l’infedeltà per il proprio originale pensiero ideologico-culturale. Un’informazione che si dilunga fino allo sfinimento sulle persone di Vannacci, Salis e quant’altri, nel momento in cui si ragiona sul futuro europeo, è ben lontana dall’interiorizzare Machiavelli e Max Weber, sostenitori del primato e dell’importanza della politica estera.
Per non ridurci, anche noi, al politichese riportiamoci sul versante dei ragionamenti, pensando con intensità, sull’accaduto europeo.
I due capisaldi del continente, già dal tempo dell’Impero Carolingio, Germania e Francia, armonicamente, hanno riportato il 13,90 per cento il primo,14,60 per cento l’altro, il Cancelliere Scholz al terzo posto e 14 parlamentari, il presidente Macron arriva secondo con 13 eletti. Ambedue malamente superati dalle formazioni di estrema destra, ha indotto il francese ad indire immediate elezioni legislative per il 30 giugno, il tedesco ad occuparsi delle trattative a Bruxelles senza esprimere alcunché sulla debacle germanica.
In effetti, per gli europeisti, il vulnus più significativo è stato il concomitante depotenziamento della co-leadership in grado di manovrare, seppur malamente, l’organismo........
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