La strategia europea di Giorgia: spostare il centro a destra
Talvolta anche un evento avverso può essere l’indizio che si è sulla strada giusta. Il rinvio dell’approvazione della vicepresidenza esecutiva a Raffaele Fitto è un tentativo di sabotaggio istituzionale compiuto dalla sinistra europea, ma al tempo stesso, anche vista la reazione del Ppe contro questo atto subdolo, è il segnale che la strategia europea di Giorgia Meloni è vincente, anche perché costringe la sinistra a svelare la propria preoccupazione di fondo: che l’alleanza fra Ppe e Pse si diluisca verso destra.
Concluse le audizioni parlamentari dei commissari designati da Ursula von der Leyen, possiamo dunque segnalare, con linguaggio borsistico, due rimbalzi positivi, uno nazionale e l’altro continentale: l’Italia otterrà un rilevante riconoscimento istituzionale e Giorgia Meloni uno straordinario successo politico; e l’Unione Europea fa un piccolo ma decisivo passo in avanti verso un assetto meno spostato a sinistra e, in prospettiva, verso l’affossamento dell’ircocervo popolar-socialista e l’avvento di un’autentica alternanza di governo. Per la sinistra, entrambi questi risvolti sono negativi, perché premiano Meloni e favoriscono l’avvicinamento fra popolari e conservatori; mentre per la destra liberalconservatrice (incluso il centro popolare) sono positivi proprio in base a queste due medesime ragioni. È evidente a tutti, anche agli avversari, che l’artefice di questo risultato è la presidente Meloni: ha lavorato con strategie di lungo raggio rafforzando la reputazione personale e nazionale, come ha efficacemente dimostrato la presidenza di turno del G7; ha acquisito la stima e la fiducia di molti leaders internazionali anche politicamente distanti da lei; ha portato il gruppo dei Conservatori e Riformisti (Ecr) a un ruolo di peso sulla bilancia europea dialogando apertamente con i capi del Ppe (Manfred Weber e Ursula von der Leyen e in primo luogo) spingendo quest’ultimo a condividere le tesi di Ecr su alcuni specifici problemi (per esempio sul grande e drammatico tema dell’immigrazione); ha un profilo politico e istituzionale talmente solido da potersi permettere sia di accogliere positivamente l’elezione di Donald Trump sia, al tempo stesso, di difendere gli interessi non solo italiani ma anche europei dinanzi a qualsiasi eventuale forzatura geopolitica legata alla turbolenta nuova fase della politica estera statunitense che si preannuncia con la seconda presidenza Trump.
Così, pur avendo meno della metà dei parlamentari del Ppe, l’Ecr può dialogare da vicino con i Popolari e al tempo stesso muoversi in piena autonomia prescindendo dai numeri e facendo leva sulle idee. Questa – dialogo con il Ppe, ma con le mani e con la mente libere – è la direzione che Meloni ha scelto per navigare nel sempre più burrascoso mare europeo. Ed è pressoché scontato che il suo successore designato alla presidenza........
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