Regionalismo: ordinario, rinforzato, differenziato
Quando la politica persevera nell’errore, contro la “verità effettuale”
Nel Titolo V della Costituzione i costituenti vollero e sancirono due tipi di Regioni: le Regioni aventi un ordinamento stabilito da norme generali della Costituzione e uguali per tutte; le Regioni per ciascuna delle quali è previsto un separato ordinamento speciale. Le prime sono le Regioni ordinarie, enti autonomi con propri poteri e funzioni fissati nella Costituzione; le seconde sono le Regioni speciali, in considerazione di loro peculiari caratteri, alle quali sono attribuite forme e condizioni particolari di autonomia secondo statuti speciali adottati con leggi costituzionali. Le Regioni a statuto speciale sono stabilite dall’articolo 116 della Costituzione: Sicilia, Sardegna, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Valle d’Aosta. La stessa Assemblea costituente approvò gli statuti di quattro delle cinque Regioni nel gennaio 1948, mentre lo statuto del Friuli-Venezia Giulia fu approvato nel 1963.
L’onorevole Meuccio Ruini, presidente della “Commissione dei 75” incaricata di redigere il testo costituzionale, fu oltremodo esplicito: “La Regione non sorge federalisticamente. Anche quando adotta con sua legge lo statuto di una Regione, lo Stato fa atto di propria sovranità. L’autonomia accordata eccede quella meramente amministrativa; ma si attesta prima della soglia federale e si attiene al tipo di Stato regionale formulato da Ambrosini”. Questo principio fondamentale dell’assetto costituzionale del 1948, realizzato nel 1970, è stato poi profanato nel 2001 e 2024 da una classe politica irridente la grandiosità del Risorgimento e infatuata di devoluzioni, federalismi, differenziazioni: formule ambigue e allusive per mascherare la reale intenzione di colpire al cuore lo Stato unitario con modifiche costituzionali e legislative che, in diritto e in fatto, lo disarticolano in ordinamenti autonomi variegati e disomogenei, ai quali vengono attribuite larghissime competenze esclusive, estromettendo lo Stato.
Le Regioni ordinarie sono rimaste congelate per quattro lustri, fino al 1970 in cui furono istituite dando attuazione al regionalismo ordinario sancito dai costituenti. Sulla creazione delle Regioni fu combattuta un’autentica battaglia politico-parlamentare. Gli sconfitti (liberali, missini, monarchici) opposero persino un durissimo ostruzionismo. Ma invano. I vincitori (democristiani, repubblicani, socialdemocratici, socialisti, comunisti) erano troppo forti per non prevalere. I protagonisti della maggioranza regionalista addussero in sostanza quattro motivi principali. Irresistibili, anzi addirittura esiziali, a loro dire: bisognava attuare la Costituzione (22 anni dopo!), decentrare lo Stato, risparmiare sulla finanza pubblica, ridurre la burocrazia cioè impiegati e apparati. Vastissimo programma, come abbiamo potuto constatare. Infatti, è accaduto l’esatto contrario. A questi quattro “pilastri motivazionali” aggiunsero le fumisterie politiche buone per ogni occasione, quali: avvicinare lo Stato ai cittadini, aumentare la partecipazione popolare, responsabilizzare........
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