Il “liberalismo assediato” e la “strategia di Alesia”
Su La Lettura, inserto domenicale del Corriere della Sera del 14 luglio 2024 (anniversario della Bastiglia), tre studiosi con posizioni diverse, Alberto Mingardi, Gaetano Pecora, Mario Ricciardi, sono stati invitati a confrontarsi rispondendo alle domande di Antonio Carioti.
Il titolo del confronto, che prende tre intere pagine del giornale, è a suo modo assertivo piuttosto che dubitativo: “Il liberalismo assediato”. Il sottotitolo, l’occhiello, non lo è da meno: “L’ideologia che pareva trionfare dopo il 1989 adesso è sotto accusa. Molte le critiche che riceve: scarsa o nulla sensibilità sociale, legami troppo stretti con il potere economico, indifferenza ai problemi dell’identità, bellicismo in campo internazionale”. Sarà stata l’intenzione di provocare o semplicemente di stimolare; sarà stata la condiscendenza verso consunti stereotipi; sarà stato un compiaciuto cedimento alla contemporaneità, dalle domande e dalle risposte degli autorevoli studiosi, tutti professori universitari, il liberalismo risulta incolpato, però senza fondamento.
Non potendo qui esaminare, in dettaglio o in complesso, le opinioni che, ripeto, gli studiosi hanno espresso a seguito di specifiche domande, desidero nondimeno commentare, alla stregua di annotazioni marginali, soltanto talune asserzioni che più mi hanno colpito. Le mie osservazioni non sono rivolte in generale al pensiero degli interrogati, ma a qualche punto di vista contenuto nelle loro risposte.
Alla domanda se sia improprio parlare di tirannia del mercato, Mario Ricciardi risponde: “Non esiste il mercato in astratto: esistono tanti mercati tutti disegnati da regole. E la specificità delle politiche neoliberali sta nel definire norme che subordinano gli interessi delle classi meno avvantaggiate a quelli delle aziende”.
In verità la società libera costituisce un mercato di mercati interconnessi, dall’economia concorrenziale alla concorrenza culturale, tutti da regolare mediante il vero diritto (non con paraleggi), cioè mediante norme generali e astratte, destinate a sconosciuti soggetti presenti e futuri. Affermare addirittura che “la specificità” del neoliberalismo (neo, quale sarebbe poi?) consisterebbe nel sottomettere i meno abbienti, i lavoratori, agl’interessi delle aziende, pare un’enormità bell’e buona. Saremmo ritornati ai padroni delle ferriere mentre il lavoro fluisce oggi rapido in silenzio lungo cavi ed onde? Non è stata forse la “libertà dei liberali”, come non mi stanco di........
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