Atene e Sparta: democrazia vs autoritarismo
E la tentata svalutazione della democrazia occidentale
I – Concludendo il recente saggio Sparta e Atene, autoritarismo e democrazia, Eva Cantarella, che non ha bisogno di presentazioni, scrive che “non sono città opposte e incompatibili: sono certamente diverse, ma nessuna delle due è unica.” Conclusione paradossale già con riferimento al titolo e al sottotitolo del libro, che esamina le due polis (città-Stato o meglio Stato-città come suggerisce di chiamarle) più famose dell’antica Grecia raffrontandone non soltanto i rispettivi sistemi politici propriamente detti: il diritto pubblico; ma anche le istituzioni sociali, quali la paideia, cioè l’educazione dei maschi e delle femmine, la famiglia, i rapporti coniugali, le relazioni sentimentali, i legami tra padri e figli, i rapporti economici: il diritto privato, se si può dire.
Ma che cos’è la polis, l’ordinamento delle comunità che punteggiavano il territorio greco senza farne una nazione, quale sarà millenni dopo? Aristotele risponde che la polis “è una moltitudine di cittadini”, ma la professoressa Cantarella ritiene che la migliore definizione l’abbia fornita Paul Veyne: “Cittadini governati e poteri pubblici si distinguono difficilmente, tutti prendono parte ai lavori. L’istituzione pubblica non sfrutta la popolazione, come farebbe un re, e nemmeno la governa: la fa militare.” Questa espressione, “la fa militare”, deve essere spiegata perché significa “partecipazione civica” e “milizia bellica”, le quali erano profondamente diverse a Sparta e Atene, come l’Autrice chiarisce molto bene.
Il rapporto amiche-nemiche di Atene e Sparta con i loro alleati dura un secolo, il V secolo a.C. che non solo consegnerà per sempre la Grecia alla storia delle glorie umane ma prima accomunerà Atene e Sparta nell’alleanza contro la Persia, il mortale nemico di entrambe, e poi le contrapporrà in una guerra distruttiva che sarà esiziale pure per la vincitrice Sparta. Tra la fine della guerra contro i persiani (480 a.C. Salamina e 479 a.C. Platea e Micale), condotta da alleati, e l’inizio della Guerra del Peloponneso (431), combattuta da nemici, nel cinquantennio di pace chiamato pentecontetia i rapporti tra Atene e Sparta cambiarono in peggio perché l’eccessivo potere di Atene incuteva paura agli Spartani. Le alterne vicende della Guerra del Peloponneso videro la morte di Pericle nella peste di Atene (429), la precaria pace di Nicia (421), la strage ateniese dei Meli (416), la disastrosa spedizione ateniese di Siracusa (413), la vittoria navale spartana di Egospotami (405) e infine la sconfitta di Atene ad opera degli Spartani con l’aiuto degli stessi persiani (404). “Sparta - annota l’Autrice - si comportò da grande, magnanima potenza, opponendosi alle pressioni dei tebani e dei corinzi, nemici implacabili di Atene, che ne avrebbero voluto la distruzione: mai, dissero gli Spartani, essi avrebbero consentito la rovina della più splendida città della Grecia, della quale nessuno dei Greci poteva dimenticare i meriti nelle guerre contro i Persiani.”
Il V secolo, il secolo d’oro della Grecia, era iniziato e finito combattendo. Eppure, caso unico nella storia, nei 152 anni dalla vittoria di Maratona (490) alla sconfitta di Cheronea (338), inframmezzati da un numero impressionante di conflitti, guerre, battaglie, fiorì nella civiltà greca in ogni campo una concentrazione di personalità geniali che mai più sarebbe capitato di vedere al mondo. Nel 490, a Maratona, dove ebbe origine la civiltà occidentale contro il dispotismo asiatico (è stato ben detto!), gli Ateniesi di Milziade quasi da soli sconfissero il potentissimo esercito persiano. Dieci anni dopo, nel 480, alle Termopili furono trecento eroi spartani a morire con Leonida per fermare i Persiani che furono sconfitti dagli Ateniesi di Temistocle a Salamina (480) e definitivamente dagli Spartani di Pausania a Platea (479). E così negli anni a seguire, finché Filippo II di Macedonia assoggettò la Grecia a Cheronea (338). E da Pella la gloria dell’Ellade fu lanciata al galoppo verso oriente da Megalexandros in groppa a Bucefalo.
II – Contrariamente a ciò che accadeva normalmente nelle poleis e, in generale, nell’antichità classica, dove la popolazione era divisa tra liberi e schiavi, a Sparta vigeva una tripartizione sua peculiare: spartiati, perieci, iloti. Prendendo la stima più bassa, gli spartiati erano 4000, i perieci 40.000, gli iloti 140.000. Gli spartiati si autodefinivano homoioi, “gli uguali”, ma non in senso moderno perché erano uguali tra loro, non uguali agli altri; godevano della cittadinanza piena; alla nascita ricevevano in proprietà un lotto di terra, che però era curato e coltivato dagli iloti, per modo che gli spartiati potessero dedicarsi esclusivamente agli allenamenti per le arti marziali. Gli iloti non erano liberi né avevano diritti, ma sottoposti duramente agli spartiati. Erano proprietà dello Stato. I perieci facevano........
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