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Tusk erede del passato, vedi Brindisi e ti indigni

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tuesday

Sassolini di Lehner

L’Esecutivo polacco guidato da Donald Tusk è, da un lato, esaltato dall’Unione europea, forse perché odora tanto di filiale tedesca; dall’altro, sembra la riproposizione della dittatura militare di Wojciech Witold Jaruzelski. E per questo piace molto anche ai sinistroidi italiani, anche quelli di ritorno per la rovente giorgiafobia. Quei gran bugiardi dei disinformatori comunisti rivendettero il golpista come lo strenuo patriota che impedì l’invasione sovietica della Polonia, divenuta di colpo nemica del popolo e controrivoluzionaria a causa del proletariato che animava Solidarność contro il regime comunista, sedicente Governo della classe operaia, in realtà il più antioperaio e sfruttatore a memoria di lavoratore. Il comunismo posto sul banco degli accusati dai metalmeccanici e dai manovali dei cantieri di Danzica apparve accadimento davvero troppo difficile da digerire per gli utili idioti al servizio delle Botteghe Oscure. La propaganda dei compagni fu talmente suasiva che financo Bettino Craxi si convinse del patriottismo di quel generale mascalzone. L’illusione durò fino al giorno in cui in quel di Hammamet gli mostrai i documenti fotocopiati negli archivi del Pcus.

Del resto, anche la Casa Bianca statunitense era caduta nel tranello, legittimando informalmente l’operazione – vedi i contatti segreti tra il generale Eugeniusz Molczyk e il vicepresidente George Bush – avendo creduto alla balla dell’autogolpe come male minore rispetto all’intervento del Patto di Varsavia. Carta canta e cantò ben altra verità: Jaruzelski vola a Mosca per implorare al Comitato centrale del Pcus proprio l’immediata occupazione militare della Polonia. Jurij Andropov, allora capo del Kgb, irridendolo, gli oppone che l’Unione Sovietica non era in condizioni di ripetere una nuova Ungheria 1956 e neppure la Cecoslovacchia del 1968, essendo militarmente ed economicamente stremata dall’ intervento in Afghanistan. Il Cremlino, quindi, intima un “no” secco a Jaruzelski: “No, caro compagno, noi non invaderemo la Polonia”. Jaruzelski, allora, provvede alla sopravvivenza del regime comunista con quella sorta di inaudito e grottesco auto-putsch di Stato.

Il 13 dicembre 1981, per salvare il salvabile dalla........

© L'Opinione delle Libertà


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