La Marsica corca il ladro
Sassolini di Lehner
La pedagogia gaya, il Pontefice segua San Giuliano Gennaro
Mi si perdoni lo sprazzo di amarcord. Trascorsi parte dell’infanzia e dell’adolescenza – circa 4 mesi all’anno – a San Pelino, vicino ad Avezzano, paese di contadini, gran faticatori sulla fertile bianca terra del Fucino. Là appresi l’etica e il piacere del lavoro, facendo, dall’età di nove anni, il bracciante nei periodi della mietitura, della raccolta delle marrocche, quindi, delle patate e delle bianche barbabietole da zucchero. Oggi, il buonismo, che legittima i cappottini e le calosce ai barboncini, criminalizza il lavoro infantile e giovanile. I figli perfetti dei buonisti debbono essere preservati dalle fatiche e rimanere fino a quarant’anni coccolati nella casa di mamma e papà. Io posso testimoniare che il sudore sulle zolle del Fucino mi formò, mi educò, mi rese forte, favorendo e scolpendo il mio divenire uomo. Avrei mai avuto il coraggio e la forza di infrangere mezzo Codice penale dell’Urss, per supportare dissidenti, per stampare clandestinamente Vecchio e Nuovo Testamento, per diffondere samizdat, senza la virilizzazione precoce regalatami dal Fucino, temerarietà salvaguardata dalle preghiere in mio favore di Irina Alberti e di Giovanni Paolo II? Inoltre, la mia prima conquista femminile all’età di 15 anni la feci sempre grazie al bracciantato: a causa delle balle di paglia che via via trasportavo verso la stalla, a torso nodo e la........
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