Armenia, un anno dall’occupazione del Nagorno-Karabakh
Dopo oltre tre decenni di conflitti, e passato un anno da quel 19 settembre 2023, quando l’Azerbaigian rovesciò militarmente l’autoproclamata autorità della ex regione autonoma del Nagorno-Karabakh, o Repubblica dell’Artsakh, il popolo armeno vive ancora sotto la minaccia dello scomodo, ma sempre più solido militarmente, vicino. Allora l’esercito di Baku in circa venti ore ha praticamente assunto il controllo del territorio popolato principalmente da armeni. Pochi giorni dopo furono avviati, mestamente per i rappresentanti armeni del Nagorno, i colloqui con gli azeri, che strumentalmente definiscono “separatisti” gli abitanti dell’area contesa; ma su questa descrizione non si può essere né sintetici, né superficiali, né generalisti. In quella operazione militare rimasero vittime oltre duecento armeni. Il territorio del Nagorno-Karabakh era già stato amputato dei suoi confini storici a seguito della prima vittoria azera, nell’autunno del 2020.
Poi l’Azerbaigian a dicembre 2022, con volontà unilaterale, chiuse il corridoio di Lachin, e così fu interrotto il legame terrestre tra gli artisakhioti, o karabakhi, che in pratica furono rinchiusi all’interno dei residui confini del Nagorno-Karabakh, e l’Armenia. Una operazione che apre tutt’oggi profonde riflessioni sui bilanciamenti geopolitici dell’area caucasica, in quanto la recisione del cordone tra l’Armenia e il Nagorno-Karabakh avvenne con il nulla osta, e la complicità della Russia di Vladimir Putin, che comunque è uno dei garanti dell’Armenia, e........
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