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Perché i jihadisti dichiarano guerra al Natale (e alle altre festività)

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Poche cose favoriscono un senso di umanità comune come i seguaci di una religione che fanno calorosi auguri di buone feste ai seguaci di un’altra. Eppure c’è chi rifiuta questa cordialità per principio. Gli islamisti, vale a dire i musulmani intenzionati a tornare a un codice di leggi medievale, disprezzano qualsiasi festività non sancita dall’Islam. Questo atteggiamento arcaico e bigotto fornisce il contesto per il massacro di Capodanno, a New Orleans, che ha provocato 14 morti e decine di feriti. I teologi islamici del Medioevo stabilirono l’approccio generale. Ibn Taymiya (1263-1328) sosteneva che unirsi ai non musulmani nelle loro feste equivale ad “accettare l’infedeltà”. Il suo allievo Ibn al-Qayyim (1292-1350) specificò che congratularsi con i non musulmani per le loro feste “è un peccato più grave che congratularsi con loro per aver bevuto vino, avuto rapporti sessuali illeciti e così via”.

Di tutte le festività degli infedeli, le autorità islamiche detestano maggiormente il Natale, che secondo i cristiani è il giorno in cui Dio si è fatto uomo. Come ha notato lo storico Raymond Ibrahim, questi teologi, che ritengono che il politeismo sia il peggiore dei peccati nell’Islam, considerano il Natale “il più grande crimine mai commesso dall’umanità”. Le autorità moderne fanno eco a queste interpretazioni medievali. Yousuf al-Qaradhawi, leader spirituale dei Fratelli musulmani, ha definito la celebrazione del Natale come........

© L'Opinione delle Libertà


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