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«Guardo, scatto, parlo» e ricomincio. Gioco di squadra per uscire dal buio

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03.02.2025

IL PROGETTO. L’arte messa al centro del percorso educativo rivolto a destinatari di provvedimenti giudiziari

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«Siamo ancora capaci di amare qualcosa. /Ancora proviamo pietà. /C’è splendore in ogni cosa». C’è speranza, suggerisce Mariangela Gualtieri con i versi di questa poesia, perfino nelle storie sbagliate, in un mondo che sembra inghiottito dal buio, nelle persone che si tuffano nella vita ma vanno a fondo.

Proprio la poesia, l’arte, la fotografia, la musica possono diventare strade inedite e potenti per guardare in se stessi, trovare nuove possibilità e seguire traiettorie di rinascita.

Lo raccontano i ragazzi coinvolti nel progetto «Guardo, scatto, parlo», a cura di Giovanna Brambilla, storica dell’arte, esperta in educazione e mediazione del patrimonio culturale, con Federico Casu, fotografo, e Chiara Magri, attrice e regista, nella cornice di «Gioco di squadra 4», progetto regionale rivolto alle persone (minori e adulti) sottoposte a provvedimenti dell’autorità giudiziaria. «Si tratta principalmente, - spiega Giovanna Brambilla - per i minori, della misura penale della messa alla prova, che prevede la sospensione del processo con percorsi educativi, che, all’esito positivo, portano all’estinzione del reato».

Osservare un’opera d’arte, entrare nello studio di un artista, scattare una fotografia, costruire un racconto collettivo a partire dalle proprie esperienze personali: sono state le diverse fasi di un percorso articolato di «welfare culturale», profondo, mai facile né scontato, presentato di recente in un incontro pubblico al Polaresco.

«Un’attività sociale - osserva Francesco Pandolfi, educatore di riferimento del progetto -, in cui undici ragazzi in forme e momenti diversi, attraverso la narrazione di sé, hanno portato pensieri, emozioni e riflessioni, poi condivise con altre persone. Alcuni ragazzi si sono conosciuti soltanto al momento di svolgere insieme questa attività. Hanno formato un gruppo, che è diventato contenitore di tutto ciò che ognuno di loro ha saputo dare. Hanno imparato a riconoscersi, accettarsi e confrontarsi. Si sono impegnati nel raccontare le proprie fragilità, i pensieri, le storie, mettendo in comune anche i loro punti di forza e i loro sogni».

È un progetto di rete,........

© L'Eco di Bergamo