Le voci da Osimo cinquant’anni dopo: la politica e la Chiesa, le associazioni e la gioventù di allora
Cinquant’anni fa il Trattato di Osimo definì il confine orientale italiano, separando destini e generando sofferenze. Le associazioni, la politica, la Chiesa, la gioventù di allora: ecco le voci di una comunità divisa, sul crinale della Storia.
Renzo Codarin, presidente di FederEsuli, aveva 17 anni all’epoca della firma del Trattato di Osimo. «Per me – sottolinea – rappresentò la spinta a iniziare quella che sarebbe diventata la mia carriera politica e associativa».
Come fu accolto il Trattato dagli esuli istriani?
«Osimo ha umiliato gli esuli e Trieste. E pur avendo sempre militato nel partito che all’epoca era al governo, la Dc, non ho mai smesso di portare avanti la battaglia contro il Trattato. Abitavo a Chiarbola, rione dove gli esuli erano numerosi e dove quasi tutti votavano Dc o Msi: quando si diffuse la notizia della firma la maggior parte della gente la accolse come un tradimento. Mia nonna materna disse: “L’Italia non doveva farmi questo”».
Il contesto, gli scenari e la firma il 10 novembre 1975: nel 1977 l’entrata in vigore che pose la pietra tombale su ogni ipotesi di costituzione del Tlt
Quali erano le ragioni di chi parlava di tradimento?
«La maggior parte sapeva che sarebbe stato impensabile rispostare la linea di confine, ma in qualche modo Osimo costituì la fine della speranza di tornare a una situazione un po’ meno sfavorevole. Si capiva che a pesare erano stati anche gli interessi geopolitici, con Stati Uniti e Nato che volevano trattare bene la Jugoslavia di Tito, in modo che restasse sganciata dal blocco sovietico. Trieste perse definitivamente il suo retroterra e si ritrovò a vivere in un contesto complicato dal punto di vista economico, da cui sarebbe uscita solo parecchi anni dopo».
Qual è stato il difetto più evidente del Trattato?
«Non aver previsto un risarcimento equo per gli esuli che avevano dovuto lasciare i loro beni e che poi la Jugoslavia nazionalizzò. L’Italia avrebbe potuto e dovuto chiedere molto di più. Fu una responsabilità pesante della Dc e incisero anche le logiche del compromesso storico».
Nel giudicare il Trattato di Osimo a distanza di mezzo secolo Maurizio Tremul, presidente dell’Unione italiana, ne sottolinea anzitutto la portata storica: «Ha chiuso il contenzioso confinario e territoriale tra Italia e Jugoslavia, segnando di fatto la fine reale della guerra e l’avvio di un percorso nuovo».
Il Trattato sarebbe stato migliorabile?
«Sì, è chiaro che ci sono difetti, a cominciare dal mancato risarcimento per gli esuli, che sono coloro che hanno pagato più di tutti il prezzo della sciagurata guerra voluta dal Fascismo. Per loro si sarebbe potuto fare uno sforzo maggiore».
L’ambasciatore Daniele Verga ricorda la firma cinquant’anni dopo: «Ero testimone di una pagina di storia»
Quanto incise il contesto geopolitico?
«Incise eccome. L’Italia era in una posizione di debolezza. Arrivava da una guerra persa e la Jugoslavia per l’Occidente........© Il Piccolo





















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