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Cinema al cento per 100, ecco le nostre recensioni dei film in sala dal primo gennaio

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07.01.2025

“Maria” è il terzo ritratto femminile (dopo “Jackie” e “Spencer”) firmato dal regista cileno Pablo Larraín sugli ultimi anni di carriera della più grande cantante lirica del mondo (interpretata da un’altra diva come Angelina Jolie).

Michael Gracy sceglie … uno scimpanzè per intepretare Robbie Williams e raccontare in “Better Man”, la scoperta, l’ascesa, la caduta e la rinascita di una star.

Delude “Nosferatu” dell’ormai non più promettente Robert Eggers: oltre alla devozione per l’originale di Murnau, il nulla. Romanticismo, seduzione del Male e inquietudini muoiono molto prima dell’alba.

Dalla Norvegia arriva l’opera d’esordio di Halfdan Ullmann Tøndel: un “incidente” scolastico si trasforma in una sorta di incubo e, infine, nell’aperta denuncia di una società cinica e giudicante. Con una splendida Renate Reinsve, “la persona peggiore del mondo”.

Regia: Pablo Larraín

Cast: Angelina Jolie, Pierfrancesco Favino, Alba Rohrwacher, Kodi Smit-McPhee, Valeria Golino, Alessandro Bressanello

Durata: 123’

La galleria di donne celebri, ma sconfitte dalla vita, di Pablo Larraín, dopo “Jackie” e “Spencer” si completa con “Maria”, che racconta la tumultuosa, tragica e bellissima storia della vita della più grande cantante lirica del mondo, rivisitata e reinterpretata durante i suoi ultimi giorni nella Parigi degli anni Settanta, pur tra qualche flash-back che ne ripercorre le umili origini e la crescita canora.

La scelta di narrare le ultime settimane della Callas, nell’esilio parigino, tra i fumi chimici del Mandrax (un forte ipnotico arbitrariamente usato come tranquillante), i ricordi, le visioni, i rimpianti, ha destato qualche polemica tra i numerosi vedovi della Divina.

Invece il film è coraggioso sia nel mostrarla nell’intimità di una situazione difficile, sia nell’affidare la parte a un’altra diva come Angelina Jolie, qui molto Audrey Hepburn, che fu il modello degli ultimi anni della Callas.

E nello svelare, indipendentemente sia andata effettivamente così, che la decisione del suicidio potrebbe essere stata legata, con buona probabilità, all’ascolto di un nastro di prove della sua voce – la soprano non aveva mai abbandonato l’idea di tornare sul palcoscenico – in cui invece di un bel canto aveva ascoltato delle forti stecche.

Ed è «l’istante in cui la sicurezza di sé diventa follia», come profeticamente dice Maria/Angelina. Altra scommessa vinta è stata far cantare Jolie mixandola con l’originale, proponendo di fatto la sua recitazione per la cinquina degli Oscar.

Chiave del film non poteva che essere il melodramma, cui tutta la vita di Maria sembra ispirata, e Larraín vi attinge con una sequenza finale di grande pathos come solo la lirica può dare.

Ma ci sono anche immagini dalle forti connotazioni dark, tra incubi e speranze che escono dall’inconscio e prendono forma fisica nel giovane Kodi Smit-McPhee che prende il........

© Corriere delle Alpi